Jean Jacque Rousseau, per educare Emilio, lo porta in una foresta perché solo lì la vita è pura, onesta, non corrotta dalla società. E da allora vi è sempre stata gente che, seguendo Rousseau, ha considerato dannoso lo sviluppo industriale, è stata contraria alla crescita dei consumi, ostile alla vita nelle grandi città e proposto il ritorno ad una vita agreste sana e frugale. Però la maggioranza della popolazione ha fatto la scelta opposta. È stata felice di approfittare dei progressi della medicina, dei trasporti, ha voluto le comodità del moderno, e siamo arrivati così alla civiltà delle TAV, delle beauty farm e del computer.
Nelle società che hanno scelto la strada dell’industrializzazione e della modernizzazione, la gente oggi è più sana, vive più a lungo e c’è anche una migliore amministrazione pubblica e una minor corruzione. Gli ecologisti hanno usato l’industria più avanzata per ridurre l’inquinamento. Pensiamo alla Norvegia, alla Svezia e alla Danimarca. Invece nei paesi che hanno rifiutato il moderno è rimasta una agricoltura povera, un’industria arretrata ed inquinante e, nel campo una società mal amministrata, più ingiusta, dove c’è prevaricazione, corruzione e mafia. Ne abbiamo esempi anche nel nostro meridione.
Sono cose che sappiamo tutti ma è bene ricordarcele oggi che dobbiamo fare delle scelte a favore o contro l’industrializzazione. Tutti i governi europei schiacciati dalla crisi parlano di crescita, ma come si fa a crescere? Solo facendo industrie che producono le stesse cose di prima in modo migliore o a costi più bassi, oppure prodotti nuovi che servono per migliorare la qualità della vita. E, se c’è inquinamento, occorre fare investimenti modernissimi per correggerlo. Ma ci sono anche gli ecologisti alla Rousseau che non credono alla possibilità di disinquinare industrialmente, per loro l’industria è sempre dannosa e va soppressa. Questa ideologia in Italia ha osteggiato lo sviluppo dei termovalorizzatori, ha prodotto orribili discariche e ora si sta orientando contro le automobili e la siderurgia. Ma un paese che perde la sue grandi industrie perde anche la ricerca, perde l’innovazione e, quindi perde anche la lotta contro l’inquinamento.