Nel diritto di guerra moderno, quando il nemico di arrende, non gli fai più nulla, se è affamato gli dai da mangiare, se è ferito lo curi. Un tempo invece i nemici vinti venivano uccisi, torturati, mutilati in base al principio che dovevano pagarla, dovevano essere puniti. Il principio della guerra come giustizia continua nelle rivoluzioni, nelle guerre civili. La rivoluzione russa, la guerra civile spagnola e quella cinese sono state teatro di orribili massacri, di spaventose crudeltà.
Dove la guerra è vissuta come giustizia, la punizione continua anche in seguito. Dopo la prima guerra mondiale i vincitori hanno imposto agli sconfitti delle pensanti riparazioni, causa non ultima della seconda guerra mondiale.
Un altro modo di prolungare il processo è quello di commemorare la vittoria con monu-menti, celebrazioni.
Dopo la prima guerra mondiale nelle piazze di tutti i paesi sono stati eretti monumenti funebri ed e stato commemorato ufficialmente il giorno della vittoria. D’altra parte ancora oggi in Italia il 25 aprile commemoriamo la vittoria dei partigiani sui fascisti. Come si fa a «fare definitivamente
la pace», cioè a passare dallo stato di odio omicida a quello in cui il nemico è diventato come me, ed io non gli rimprovero e non gli chiedo più nulla? Non «porgendo l’altra guancia», perché chi fa la pace non rinnega la guerra e le uccisioni avvenute: abbandona solo la categoria di giustizia. La guerra non è un tribunale, il nemico non è un criminale da punire. Queste osservazioni hanno importanza anche nella politica. Le elezioni sono il corrispondente della guerra e il risultato delle elezioni indica chi è il vincitore e chi il vinto.
Nei paesi di vecchia democrazia, come gli Usa, la lotta è feroce fino al momento delle votazioni, dopo di che il candidato avversario che, fino a un minuto prima era l’uomo da combattere, diventa il presidente legittimo di tutti. Nelle democrazie zoppicanti come l’Italia il vincitore non è mai riconosciuto come legittimo e la campagna elettorale ricomincia subito.
Mentre negli Usa, in Inghilterra, in Francia vi sono perciò periodi di pace e periodi di guerra politica, noi siamo sempre in guerra con uno stato di rancore, di sfiducia, di incertezza permanenti.