Si va diffondendo il convincimento pessimistico che lo studio, il sapere e il merito non rendono, non fanno trovare lavoro, non aiutano a fare carriera e non portano al successo.
Non servono neppure allo sviluppo economico. Eppure non è vero. L’unica salvezza per Paesi come il nostro che hanno una lunga tradizione culturale è proprio lo studio, la ricerca scientifica, più in generale la conoscenza, facendo però in modo che si traduca in attività pratica, produttiva.
Sappiamo tutti che nonostante la recessione, c’è ancora una notevole domanda di lavoro per i mestieri che richiedano delle conoscenze tecniche in campi come l’informatica, la meccanica, la chimica e per le attività ad un tempo teoriche e manuali quali l’elettricista, l’idraulico, il falegname, l’infermiere. Ma le famiglie sognano ancora di vedere i loro figli avvocati, magistrati, medici, funzionari pubblici, giornalisti e scrittori. Speriamo si rendano conto che sbagliano, ed auguriamoci che il ministero della Istruzione e dell’Università concentri le sue risorse sulla ricerca e sulle scuole e le lauree tecniche. Le nostre imprese, per affermarsi nella concorrenza internazionale hanno bisogno di apprendisti che siano alla pari dei loro omologhi francesi, inglesi, tedeschi, americani, che conoscono bene l’inglese e siano pronti a spostarsi, a viaggiare, a lavorare in Paesi lontani perché oggi la produzione viene fatta in nazioni a basso costo di manodopera.
Ma non basta. In un Paese come il nostro in cui la popolazione invecchia, bisogna che si aggiornino continuamente anche coloro che già lavorano. E invece troppo spesso non lo fanno, non sono abituati a prepararsi, a studiare, non lo considerano parte integrante della loro professione. Dappertutto troviamo gente incompetente, nella pubblica amministrazione, nel turismo, nel commercio dove molto spesso i venditori non conoscono gli apparecchi che vendono e non sono in condizione di dare l’assistenza che promettono. Ma la preparazione tecnica media in Italia è molto bassa anche fra gli utenti per cui spesso utilizziamo male i sofisticati apparati tecnologici che comperiamo. Ad alcuni queste mie osservazioni possono apparire marginali rispetto ai grandi temi affrontati dai politici, dagli economisti e dai sindacati. Ma lo sviluppo economico di un Paese dipende poi in definitiva dalla energia, dalla volontà di riuscire e dalla concreta capacita di lavoro dei suoi cittadini.