Durante l’ottocento e il primo novecento l’Europa era politicamente divisa ma culturalmente unita grazie ad una élite di studiosi che dialogavano fra di loro e spesso si conoscevano personalmente. Psicologi come Freud e Jung, economisti come Marshall, Keynes e Von Mises, sociologi come Simmel, Max Weber e Durkheim. Tutti costoro avevano una profonda cultura classica e molti di loro interessi che spaziavano dalla psicologia alla filosofia, all’economia, alla storia delle religioni, all’antropologia. Il trattato di sociologia di Pareto mostra una stupefacente conoscenza della storia e dell’animo umano, Jung ha attinto il suo materiale dal patrimonio storico artistico di tutte le culture. Non erano degli Specialisti, erano dei Pensatori. Questa tradizione è continuata fino agli anni settanta del secolo scorso quando c’erano ancora figure come Levy Strauss, Raymond Aron, Michel Foucault, Elias Canetti, Mircea Eliade. Poi i pensatori sono quasi scomparsi e al loro posto abbiamo milioni di specialisti inseriti in un sistema universitario burocratizzato. Essi leggono solo quello che scrivono i loro colleghi sulle riviste specializzate e disprezzano quelli che hanno un orizzonte conoscitivo più ampio perché li considerano dei dilettanti. Il risultato è che in Europa e negli USA ci sono moltissimi scienziati, alcuni grandi studiosi, ma non c’è più una élite capace di avere una visione generale del mondo e capace di arricchire la classe politica con la sua partecipazione, con le sue idee e i suoi ideali. Pensiamo all’Italia. I grandi partiti del passato, Socialista, Repubblicano, Comunista, Liberale, Democristiano erano fondati su una grande tradizione storica e filosofica, i suoi leaders erano uomini di alta cultura e di grandi ideali. L’attuale classe politica ha perso queste radici, gliene resta solo l’eco, ma senza più il pensiero vivo che la anima. Essa è tutta assorbita dalla quotidiana lotta per il potere. Quelli che un tempo erano progetti e ideali ardenti sono diventate frasi fatte che essi ripetono come automi e cui non corrisponde più nessun significato, nessuna emozione. Il discredito di cui gode è perciò anche il frutto della sua povertà culturale e del vuoto che i cittadini sentono rimbombare dietro le loro parole.