Nel libro di Joseph Conrad, Lord Jim salva la città dalla spaventosa crudeltà del «generale». Quando il vecchio capo villaggio vuole arrendersi, Lord Jim, per convincerlo a resistere, gli promette che, se una sola persona verrà uccisa, risponderà con la propria vita. Vince la battaglia e c’è un solo morto, ma è il figlio del capo. Il vecchio esige la sua personale vendetta e uccide lord Jim. I cartaginesi uccidevano i generali che tornavano sconfitti, si vendicavano su di loro. Invece i romani, dopo la terribile battaglia di Canne, aspettarono lo sconfitto console Terenzio Varrone e i pochi superstiti e li ringraziarono di non aver dubitato della patria. Prima di tutto misero lo sforzo comune per salvare Roma. Ci sono altri casi in cui la nostra mente viene assorbita dal passato. Una è la depressione in cui il soggetto continua rimproverarsi di un errore fatto e si tormenta. L’altra è la perdita una persona amata, il lutto. Vi è poi la gelosia retroattiva, in cui il geloso si tormenta pensando a cosa l’amata ha fatto con i suoi vecchi amori. Da ultimo il rimorso per una colpa commessa che non puoi perdonarti. In tutti questi casi non possiamo fare nulla.
Nella vendetta noi, invece, ci illudiamo di rifare il passato. L’odio inchioda la tua mente a quel particolare episodio, a quel particolare trauma, a quel particolare rapporto e ne fa un’ossessione. Anche se cambiano le circostanze, anche se il nemico ti ha chiesto perdono, anche se ti propone un’alleanza, tu ricordi solo il passato e non vedi nient’altro. È per questo che nella politica, che è lotta e competizione, ma anche negoziato e compromesso, non dovrebbero mai inserirsi l’odio e la vendetta, perché la irrigidiscono e la trasformano in cieco scontro.
Io ho avuto alcuni amici che, a un certo punto della vita, di fronte a una delusione sono entrati in politica dominati dall’odio, ossessionati dalla vendetta. Ed è stata impressionante la devastazione della loro mente e del loro cuore. Erano intelligenti, raffinati in ogni campo, nello scrivere, nel conversare; oggi sembrano dei fantocci di legno rigidi, allucinati, privi di idee, che sanno parlare di un’unica cosa: della loro ossessione.