I movimenti collettivi sono le formazioni sociali – chiese, sette, partiti, sindacati – nella loro fase iniziale, quando sono ancora bambini o adolescenti. Hanno una grande energia vitale, grandi sogni, grandi ambizioni ma si lasciano anche andare ad eccessi e a stranezze. Il fascismo nelle sue prime manifestazioni era ridicolo con il fez, un copricapo turco, molte femministe rifiutavano con sdegno il reggipetto, le folle della Lega certe volte sembravano le comparse di un film di Asterix ed Obelix ed oggi suscitano curiosità i Grillini e i Piraten.
Molti confondono un movimento collettivo con una agitazione. Quando i sindacati portato in piazza due milioni di manifestanti parlano di grande movimento sindacale. In realtà il sindacato è una solida istituzione, era un movimento all’inizio del secolo scorso, quando stava nascendo. Ci sono poi dei politici che ogni tanto pretendono di “fondare” un movimento. In realtà si limitano a mettere insieme un nuovo gruppo politico. No, il movimento non si fonda, nasce, emerge lacerando con violenza il tessuto sociale, come un terremoto.
Al centro di tutti i movimenti troviamo l’esperienza fondamentale dello stato nascente: l’individuo ha l’impressione di potersi finalmente liberare da tutti i vincoli, le coercizioni, ì divieti, le regole, le repressioni divenute ormai gravi o intollerabili, di creare una nuova società dove non c’è più dominio e oppressione, dove ci sarà democrazia diretta, uguaglianza, giustizia, fratellanza accordo spontaneo fra i fratelli.
Questo stato fluido, nascente, dominato dall’entusiasmo e dall’ottimismo, produce una grande solidarietà sociale e l’emergere di una leadership carismatica che accentra nelle sue mani il potere. Grazie a questa miscela di libertà sfrenata e di arbitrio, il movimento può passare da posizioni pacifiste ad eccessi di violenza, frantumarsi in cento gruppetti inconsistenti o invece generale una potente struttura politica.
I movimenti che vediamo oggi sono i primi segni di rivolta e i primi tentativi di riassetto dell’ordine sociale che si sta disgregando sotto i colpi della crisi. Ad essi ne seguiranno altri e si formeranno nuove formazioni politiche. Auguriamoci solo che esse trovino una leadership intelligente e saggia. La crisi del 1929 in Germania ha prodotto Hitler ma, per nostra fortuna, in Inghilterra ci ha dato lord Keynes e, negli USA, Franklin Delano Roosevelt.